Investimenti con finti promotori finanziari

  • Il caso
  • Normativa applicabile
  • Cosa dice la Corte di Cassazione
  • Conclusioni

Il caso

Un cliente della provincia di Ancona si è rivolto al mio studio legale. Aveva investito denaro in fondi esteri (Lituania e Bulgaria), tramite un promotore finanziario, che poi si è rivelato essere un truffatore.

Il cliente, tramite una conoscenza comune, era stato avvicinato da un tizio che si era spacciato come promotore finanziario, operante per nome di una società con sede in Inghilterra. Gli aveva fatto sottoscrivere un contratto di investimento con intermediaria tale fantomatica società (poi rivelatasi inesistente) e garantito i primi lauti guadagni dall’investimento (con finti estratti conto). Quando, però, il mio cliente ha chiesto il disinvestimento delle somme, il truffatore si è reso irreperibile a tutti i contatti.

Per i pericoli di truffa nel trading online, quando si opera in “Forex” e di come riconoscere le truffe in criptovalute, si possono leggere i miei due precedenti articoli, ai link qui sotto:

Trading online: attenzione alla truffa “Forex”

Criptovalute: come riconoscere le truffe

Normativa applicabile

Art. 640 c.p. (Truffa)

Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032.

Art. 166 D. Lgs. n. 58/1998 (abusivismo finanziario)
1. È punito con la reclusione da uno a otto anni e con la multa da euro quattromila a euro diecimila chiunque, senza esservi abilitato ai sensi del presente decreto:

a) svolge servizi o attività di investimento o di gestione collettiva del risparmio; b) offre in Italia quote o azioni di OICR; c) offre fuori sede, ovvero promuove o colloca mediante tecniche di comunicazione a distanza, prodotti finanziari o strumenti finanziari o servizi o attività di investimento; c-bis) gestisce un APA o un ARM a cui si applicherebbe la deroga prevista dall’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 600/2014 e dai relativi atti delegati

2. Con la stessa pena è punito chiunque esercita l’attività di consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede senza essere iscritto nell’albo indicato dall’articolo 2-bis. Con la stessa pena è punito chiunque esercita l’attività di controparte centrale di cui al regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 luglio 2012, senza aver ottenuto la preventiva autorizzazione ivi prevista.

    3. Se vi è fondato sospetto che una società svolga servizi o attività di investimento o il servizio di gestione collettiva del risparmio o la gestione di un APA o di un ARM a cui si applicherebbe la deroga prevista dall’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 600/2014 e dai relativi atti delegati ovvero l’attività di cui al comma 2-bis senza esservi abilitata ai sensi del presente decreto, la Banca d’Italia o la Consob denunziano i fatti al pubblico ministero ai fini dell’adozione dei provvedimenti previsti dall’articolo 2409 del codice civile ovvero possono richiedere al tribunale l’adozione dei medesimi provvedimenti. Le spese per l’ispezione sono a carico della società

    Cosa dice la Corte di Cassazione
    La Suprema Corte di Cassazione, sezione penale, ha analizzato il delitto di esercizio abusivo dell’attività di intermediazione finanziaria. Ha affermato che integra tale delitto “anche l’attività di consulenza, prestata al fine di reperire un proficuo programma di investimento, accompagnata dal mandato del cliente, atteso che questa non è prodromica all’esercizio dell’attività di intermediazione finanziaria, consentita solo ai soggetti debitamente autorizzati, ma ne è parte integrante e come tale è disciplinata”.

    La Corte di Cassazione Penale si è anche espressa sulla concorrenza della fattispecie con il reato di truffa, affermando che “il reato di abusivismo, previsto dall’art. 166 d. lgs 24 febbraio 1998, n. 58 può concorrere con il reato di truffa, stante la sostanziale differenza esistente tra le due fattispecie, in quanto l’abusivismo è reato di pericolo, inteso a tutelare l’interesse degli investitori a trattare soltanto con soggetti affidabili nonché l’interesse del mercato mobiliare, nel suo complesso e nei suoi singoli operatori, ad escludere la concorrenza di intermediari non abilitati; la truffa, invece, è reato di danno, che, per la sua esistenza, richiede l’effettiva lesione del patrimonio del cliente, per effetto di una condotta consistente nell’uso di artifizi o raggiri e di una preordinata volontà di gestire il risparmio altrui in modo infedele” (cfr. Cassazione penale, Sez. V, Sent. n. 155 del 5 gennaio 2021).

    Conclusioni

    Per chi ha perso i propri soldi, investiti tramite finti promotori finanziari, si può agire in sede penale contestando sia il reato di truffa che quello di abusivismo finanziario. Caso per caso sarà da valutare l’effettiva possibilità di recupero delle somme investite.

    Scritto e pubblicato da avv. Michela Paolini | 22 maggio 2024