- Il caso
- Normativa applicabile
- Cosa dice la Corte di Cassazione
- Conclusioni
Il caso
Avevo parlato di mobbing, in particolare della terminologia e quali erano i comportamenti, dal punto di vista giuridico, ritenuti persecutori dalla Corte di Cassazione, nell’articolo al link qui sotto
Mobbing, bossing e straining – Michela Paolini
Oggi parliamo dell’onore della prova. A chi spetta dimostrare cosa in giudizio?
Normativa applicabile
Non esiste una specifica normativa di riferimento per il mobbing. Riportiamo qui sotto diverse norme che tutelano la salute, la sicurezza e il benessere dei lavoratori sul luogo di lavoro.
Art. 2087 cc
L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
Art. 1375 cc
Il contratto deve essere eseguito secondo buona fede.
L. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) art. 15 sulla nullità di patti o atti diretti a realizzare forme di discriminazione sul luogo di lavoro;
D.Lgs. 198/2006 (Codice delle pari opportunità tra uomo e donna) artt. 25 e seguenti sul contrasto delle discriminazioni nei luoghi di lavoro;
D.Lgs. 81/2008 (Testo Unito sulla sicurezza sul lavoro) art. 28 che impone di considerare tra i rischi per la salute dei lavoratori anche quelli derivanti da condizioni di stress lavoro-correlato.
Cosa dice la Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, in materia di onore della prova, in caso di mobbing, si è espressa con ordinanza n. 21682/2023, confermando quella che è una giurisprudenza ormai consolidata.
L’ordinanza ha affermato che “incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro, e solo se il lavoratore abbia fornito la prova di tali circostanze sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno”
Conclusioni
Spetta, dunque, al lavoratore provare in giudizio l’esistenza di comportamenti persecutori da parte del suo datore di lavoro. Soltanto in un momento successivo, ossia una volta provati dal lavoratore, il datore di lavoro ha l’onore di dimostrare di avere adottato tutte le cautele necessarie.
Scritto e pubblicato da avv. Michela Paolini | 11 gennaio 2024