Quando il lavoratore può impugnare le transazioni e le rinunce?

  • Il caso
  • Normativa applicabile
  • Cosa dice la Corte di Cassazione
  • Conclusioni

Il caso

Un lavoratore firma un accordo transattivo davanti all’Ispettorato del Lavoro, nel quale, a fronte dell’assunzione a termine, rinunciava a avanzare qualsiasi pretesa, nei confronti del nuovo contratto di lavoro.

Tale transazione può essere impugnata? Anche se è stata effettuata in una sede protetta, ossia davanti all’Ispettorato del Lavoro?

Normativa applicabile

Art. 2113 c.c.

Le rinunzie e le transazioni, che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti i rapporti di cui all’articolo 409 del codice di procedura civile, non sono valide.

L’impugnazione deve essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto o dalla data della rinunzia o della transazione, se queste sono intervenute dopo la cessazione medesima.

Le rinunzie e le transazioni di cui ai commi precedenti possono essere impugnate con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, del lavoratore idoneo a renderne nota la volontà.

Le disposizioni del presente articolo non si applicano alla conciliazione intervenuta (ai sensi degli articoli 185, 410, 411, 412-ter e 412-quater) del codice di procedura civile.

Cosa dice la Corte di Cassazione

L’art. 2113 c.c. considera indisponibili, non soltanto i diritti del lavoratore di natura retributiva o risarcitoria, correlati alla lesione dei diritti fondamentali del lavoratore, ma anche i diritti di natura retributiva che derivano da disposizioni di legge o della contrattazione collettiva, che non sono stati espressamente qualificati come derogabili. L’ultimo comma dell’art. 2113 c.c. stabilisce che non è possibile impugnare, entro sei mesi, una transazione avvenuta in una sede protetta (davanti al Giudice del Lavoro, all’Ispettorato, in sede sindacale), tuttavia tale disposizione è applicabile esclusivamente alle transazioni che non siano affette da vizi di nullità o da cause di annullabilità.

Le rinunzie e le transazioni possono riguardare soltanto i diritti di natura retributiva o risarcitoria già maturati dal lavoratore e non anche i diritti futuri, ossia quelli che non sono ancora entrati nel patrimonio del lavoratore (cfr. sentenza Corte Cass. Civ. Sez. Lav. 6664/2022 e ordinanza Corte Cass. Civ. Sez. Lav. 1887/2022).

Vi è dunque nullità dell’accordo transattivo che ha a oggetto diritti futuri (eventuali contestazioni di un contratto ancora non in essere), anche se firmato in una sede protetta (ispettorato), per contrasto con norma imperativa di legge (cfr. Corte Cass. Civ. Sez. Lav. 12548/1998 e Corte Cass. Civ. Sez. Lav. n. 17/2020).

Conclusioni

L’art. 2113 c.c. prevede che le transazioni e le rinunce del lavoratore, se avvenute nelle cd. sedi protette (come afferma l’ultimo comma dell’art. 2113) non possono essere impugnate, ma se affette da vizi di nullità (ad esempio se hanno a oggetto diritti futuri) possono essere impugnate dal lavoratore.

Scritto e pubblicato da avv. Michela Paolini | 18 ottobre 2023