Il patto di non concorrenza è nullo se il corrispettivo non è fisso?

Il caso

Riferimenti normativi

Cosa dice la Corte di Cassazione

Conclusioni

Il caso

Un lavoratore sosteneva la nullità del patto di non concorrenza per indeterminatezza ed indeterminabilità del corrispettivo.

Era stato pattuito un corrispettivo pari a € 10.000 all’anno per tre anni, a fronte dell’impegno di non concorrenza per venti mesi dalla cessazione del rapporto. Tuttavia, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, prima della scadenza del triennio, al dipendente spettava un importo, non determinato in maniera fissa, ma commisurato alla durata del rapporto di lavoro.

Riferimenti normativi

Art. 2125 cc (Patto di non concorrenza)

Il patto con il quale si limita lo svolgimento dell’attività del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla cessazione del contratto, è nullo se non risulta da atto scritto, se non è pattuito un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro e se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo.

La durata del vincolo non può essere superiore a cinque anni, se si tratta di dirigenti, e a tre anni negli altri casi. Se è pattuita una durata maggiore, essa si riduce nella misura indicata dal comma precedente.

Cosa dice la Corte di Cassazione

Il patto di non concorrenza è un accordo mediante il quale il datore di lavoro offre al lavoratore un compenso per evitare che, al termine del rapporto di lavoro, l’ex dipendente svolga un’attività in concorrenza. Ciò consente alle imprese di tutelarsi anche dall’utilizzo di informazioni riservate o altamente qualificate, da parte di ex dipendenti a favore di imprese concorrenti.

Oltre a risultare da atto scritto, il patto di non concorrenza deve prevedere un corrispettivo a favore del lavoratore, altrimenti è nullo.

La Corte di Cassazione si è espressa con la recente sentenza n. 33424 dell’11 novembre 2022 sulla legittimità del patto di non concorrenza, il cui ammontare è stabilito in maniera variabile e non fissa.

Afferma la Corte di Cassazione “al fine di valutare la validità del patto di non concorrenza, in riferimento al corrispettivo dovuto, si richiede, innanzitutto, che, in quanto elemento distinto dalla retribuzione, lo stesso possieda i requisiti previsti in generale per l’oggetto della prestazione dall’art.1346 c.c.; se determinato o determinabile, va verificato, ai sensi dell’art. 2125 c.c., che il compenso pattuito non sia meramente simbolico o manifestamente iniquo o sproporzionato, in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore ed alla riduzione delle sue capacità di guadagno” affermando poi “infatti la variabilità del corrispettivo rispetto alla durata del rapporto di lavoro non significa che esso non sia determinabile in base a parametri oggettivi”.

La Suprema Corte afferma dunque che se il compenso pattuito, il cui valore non può essere simbolico o manifestamente iniquo in relazione al sacrificio richiesto al lavoratore, può essere determinabile in base a parametri oggettivi, il patto di prova non è nullo.

Conclusioni

Se l’ammontare del compenso pattuito, a fronte del patto di non concorrenza, si può determinare in base a parametri oggettivi, allora il corrispettivo può essere non fisso o comunque variabile.

Scritto e pubblicato da avv. Michela Paolini | 15 marzo 2023