Il caso
Riferimenti normativi
Cosa dice la Corte di Cassazione
Conclusione
Il caso
Un lavoratore che rifiuta il trasferimento disposto dalla sua azienda, sulla premessa che il trasferimento è stato adottato in violazione dell’art. 2103 c.c. ossia senza le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”.
Il lavoratore può legittimamente rifiutare il trasferimento? Sempre?
Riferimenti normativi
Art. 2103 c.c. co. 8
“Il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”
Art. 1460 c.c.
1. Nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l’altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria, salvo che termini diversi per l’adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto.
2. Tuttavia non può rifiutarsi l’esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede.
Cosa dice la Corte di Cassazione
Recentemente la Corte di Cassazione si è occupata del caso di un trasferimento di un lavoratore adottato in violazione dell’art. 2103 c.c.
Il lavoratore aveva rifiutato il trasferimento da Potenza a Pozzuoli.
Con ordinanza n. 4404 del 10.02.22 la Suprema Corte ha stabilito che, in caso di trasferimento senza le comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, l’inadempimento datoriale non legittima in via automatica il rifiuto del lavoratore al trasferimento.
La Corte di Cassazione fa riferimento al disposto dell’art. 1460 c.c vertendosi in ipotesi di contratto a prestazioni corrispettive, in particolare al comma 2 che recita “non può rifiutarsi l’esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede”
Dunque il lavoratore, parte adempiente, può rifiutarsi di eseguire la prestazione a proprio carico solo ove tale rifiuto, avuto riguardo alle circostanze concrete, non risulti contrario alla buona fede.
La Cassazione specifica che “l’inottemperanza del lavoratore al provvedimento di trasferimento illegittimo dovrà, quindi, essere valutata, sotto il profilo sanzionatorio, alla luce del disposto dell’ art. 1460 cc, comma 2, secondo il quale, nei contratti a prestazioni corrispettive, la parte non inadempiente non può rifiutare l’esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede.
La relativa verifica dovrà essere condotta sulla base delle concrete circostanze che connotano la specifica fattispecie nell’ambito delle quali si potrà tenere conto, in via esemplificativa e non esaustiva, della entità dell’inadempimento datoriale in relazione al complessivo assetto di interessi regolato dal contratto, della concreta incidenza del detto inadempimento datoriale su fondamentali esigenze di vita e familiari del lavoratore, della puntuale, formale esplicitazione delle ragioni tecniche, organizzative e produttive alla base del provvedimento di trasferimento, della incidenza del comportamento del lavoratore organizzazione datoriale e più in generale realizzazione degli interessi aziendali”
La verifica è rimessa all’esame del giudice di merito e non è sindacabile in sede di legittimità.
Infatti era stata la Corte di Appello territoriale ad aver appurato, nel caso concreto, che il rifiuto del lavoratore di svolgere la prestazione fosse contrario a buona fede poiché utilizzato «come arma per vincere le resistenze datoriali nell’ambito di una trattativa economica».
Conclusione
Per i lavoratori
Attenzione che l’inadempimento datoriale non legittima in via automatica il rifiuto del lavoratore al trasferimento.
Per le aziende
L’ipotesi descritta sopra è peculiare: il trasferimento è illegittimo se adottato in violazione dell’art. 2103 ossia senza le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”.
Scritto e pubblicato da avv. Michela Paolini | 30/11/2022